Responsabilità medica: la quantificazione del danno in presenza di patologie pregresse

Con la sentenza n. 2776 del 30 gennaio 2024 la Suprema Corte si è nuovamente pronunciata in materia di responsabilità sanitaria per malpractice.

Nel caso sottoposto all’esame del Supremo Collegio, un paziente era deceduto a causa di una perforazione intestinale durante una colonscopia, seguita da un’infezione settica.

Ebbene, secondo la Suprema Corte, anche se uno stato patologico pregresso del paziente può avere contribuito al decesso, tale circostanza di per sé non è sufficiente ad escludere a priori la responsabilità del sanitario, potendo, invece, influire sulla quantificazione del risarcimento.

Nel giudizio di grado inferiore, la Corte di Appello di Firenze aveva ritenuto, invece, che le patologie preesistenti del paziente non erano tanto rilevanti da escludere la responsabilità medica e da incidere sulla quantificazione del risarcimento. L’Azienda sanitaria aveva dunque proposto ricorso in Cassazione, sull’assunto che lo stato patologico pregresso fosse in grado di interrompere il nesso di causalità materiale e quindi di escludere responsabilità medica.

Come si è visto, invece, gli Ermellini hanno però confermato il precedente orientamento, statuendo che, laddove un evento dannoso sia causato sia da condotta umana che da una causa naturale, l’autore di un illecito risponde di tutti i danni, anche se concausati da eventi naturali, che influenzeranno solo la stima del danno.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha sì riconosciuto che la condizione pregressa del paziente possa determinare una riduzione dell’importo liquidato a titolo di risarcimento, ma ha allo stesso tempo ribadito che tale stato patologico preesistente non possa invece automaticamente comportare l’esclusione della responsabilità dei sanitari per l’errore commesso.