In tema di colpa medica, la Terza Sezione della Suprema Corte, con una recentissima ordinanza (la n. 18442 del 28.06.2023), ha precisato quali criteri il Giudice di merito dovrà considerate per valutare la misura del danno risarcibile in favore della vittima nel caso di danno c.d. “iatrogeno” (ovvero nel caso in cui il medico responsabile abbia provocato, con la sua condotta, un aggravamento di un danno già preesistente sul paziente).
Più in particolare, secondo il Supremo Collegio, il danno va calcolato tenendo presenti, quali parametri principali, le funzioni vitali perdute e le privazioni subite dalla vittima, mentre diviene elemento secondario il mero grado di invalidità attribuitogli in seguito ad una perizia medico legale, sulla base delle tabelle in vigore, in quanto tale indicazione, per la Corte, è un dato meramente convenzionale.
Secondo la Cassazione, infatti, le privazioni – e le sofferenze che ne conseguono – subite dalla vittima aumentano in modo geometricamente crescente rispetto all’aumento del livello di invalidità. La proporzione che si crea, invece, sulla base del mero parametro tabellare convenzionale cresce con una progressione aritmetica.
Conseguentemente, determinare il risarcimento basandosi esclusivamente sul criterio tabellare non risulterebbe equo, in quanto si otterrebbe un indennizzo insufficiente rispetto ai patimenti effettivamente subiti dal paziente.
Grazie ad una valutazione del caso specifico che tenga conto anche degli elementi suggeriti dalla Suprema Corte, invece, si può ottenere un indennizzo più corretto, nel rispetto del principio dell’integralità del risarcimento, poiché la quantificazione del danno crescerebbe in modo più che proporzionale rispetto alla gravità dei postumi riportati.
Sempre con il medesimo provvedimento, poi, con riferimento alla specifica fattispecie su cui la Corte era stata chiamata a decidere, è stato chiarito che il Giudice di merito, per individuare l’importo effettivamente dovuto alla vittima in caso di danno ulteriore subentrato ad una invalidità permanente già preesistente, dovrà calcolare il valore monetario del danno non patrimoniale nella sua interezza (quindi comprensivo delle lesioni già esistenti prima dell’intervento dei medici), e quindi detrarre da tale importo la cifra corrispondente alla menomazione preesistente.
Secondo la Cassazione, infatti, quantificare i danni risarcibili detraendo dall’invalidità riconosciuta in base alle tabelle i punti dell’invalidità preesistente, non risulterebbe né equo né sufficiente.
Il Giudice di merito avrà, comunque, sempre la possibilità di applicare l’“equità giudiziale correttiva” o integrativa, laddove la specificità del caso concreto lo richieda.